L’archeologia a-temporale di Sorgini

Un percorso che guarda alla drammaticità della condizione della’ Uomo ,la mostra di Sergio Sorgini promossa dall’assessorato alla cultura di Napoli nelle sale Carlo V e delle Colonne del Maschio Angioino. Una location suggestiva che accompagna il viaggio atemporale di un excursus artistico a tutto tondo che spazia dalla scultura alla pittura . Il concetto di “autodistruzione” dell’essere umano emerge da ogni frammento scultoreo composto da elementi di fragilità e di feroce drammaticità : esseri lacerati smembrati e “violentati nelle forme da questa società in cui vivo “ secondo l’artista , compongono l’archeologia a-temporale del suo linguaggio artistico. E la donna domina la scena ,dea madre, bellezza e infinita dolcezza ,che risulta scomposta nella materialità del corpo ma non nell’anima e l’intelletto, perché “la bellezza no può morire “.Amore trascendentale che lega gli essere umani all’infinito , e ipocrisia nera che come un muro separa i corpi bianchi che lo contrastano. Forme scultoree lavorate in cera e poi in bronzo , graffiate e porose , fiere e forti come le figure dipinte nel blu dei quadri, donne maestose che si impongono come esempio metafisico della potenzialità generatrice. Una “archeologia a-temporale” resa da un lavoro di scavo e di conoscenza, una meditazione sospesa all’amore puro, alla sua essenza libera da contaminazioni dell’eros. E un alone di speranza che avvolge ogni creazione e costituisce un superamento storico dei graffi impressi su ogni corpo. La mente, il contenuto dell’uomo sopravvive in una dimensione trascendentale che va al di là del vissuto reale. Si avverte la grande tradizione pittorica e scultorea dell’artista , talvolta anticipatore e innovatore di linguaggi . Basta pensare alla “ apparente pop art “delle scritte di alcuni suoi quadri, realizzati ben prima degli anni ’60,e che invece considera come “omaggio al cinema”,essendo le trasposizioni delle lettere che componevano i titoli provvisori dei film di cui realizzava i bozzetti. Attività grafica che lo ha portato a lavorare per numerose case di produzione cinematografiche americane come Universal, Paramount e Metro G. Mayer ,per le quali ha realizzato affiches brillanti e di impatto. Una sperimentazione trasversale realizzata da un estro artistico multidimensionale. Una fusione di tipologie di espressione artistica differenti, che emerge dalla cifra grafica della serie della serie esposta dei “baci”, vitali espressioni di creatività originale che si rigenera. Un pensiero tridimensionale che unisce i colori della pittura al saldo volume della scultura nel “Vento di Istanbul” e “ Vento di Trieste”.Arte espressa in ogni forma e materia con un fondo unico, un’unica base di sensibilità e spiritualità che sostiene l’armonia della vita e degli uomini. Un monito a pensare a “quell’efferatezza che sembra non avere fine, alla cattiveria senza senso che da sempre viene perpetrata” ha affermato l’artista, una condizione esistenziale che riguarda tutti nel profondo e per la quale è necessario riflettere.


Da il “ROMA “ di Napoli

di Roberta Rei